Il dimensionamento preliminare delle opere di ingegneria naturalistica si colloca tra le operazioni più importanti da svolgere prima della progettazione esecutiva delle opere, da anteporre certamente alle verifiche tecniche e ai conseguenti dimensionamenti finali. Avere a disposizione degli strumenti rapidi ed efficaci con i quali effettuare delle prime verifiche e valutare se le tecniche prescelte siano o meno in grado di risolvere le problematiche in esame, è stato da sempre un obiettivo cui ambivamo.
Palificata viva di sostegno
- A parete semplice
- A parete doppia
Il consolidamento di pendii franosi può essere effettuato con palificate di legno larice, castagno o pino di diametro 20÷30 cm, posti alternativamente in senso longitudinale (L = 3÷4 m) ed in senso trasversale (L = 1,80÷2,50 m) a formare una struttura in legname.
Questi vengono fissati tra di loro con chiodi o tondini di ferro acciaioso di diametro 12÷14 mm (anche ad aderenza migliorata) e lunghezza di poco inferiore ai due tronchi sovrapposti. La palificata andrà interrata con una inclinazione di 10°÷15° verso monte ed il paramento frontale avrà un’inclinazione finale di 60° per garantire la miglior crescita delle piante.
Una fila di putrelle potrà ulteriormente consolidare la palificata alla base per contrastare lo scivolamento in avanti e la forza di ribaltamento; l’intera struttura verrà riempita con inerti ricavati dallo scavo, negli interstizi tra i tondami orizzontali verranno collocate le talee legnose di specie adatte alla riproduzione vegetativa, nonché piante radicate di specie arbustive pioniere che sopportino l’inghiaiamento. Rami e piante dovranno sporgere per 10÷25 cm dalla palificata (minimo 3÷5 gemme) ed arrivare nella parte posteriore fino al terreno naturale.
La palificata non potrà avere altezza maggiore di 2÷2,5 m, poiché la capacità di consolidamento delle piante si limita a 2÷3 m di profondità (il rapporto B/H deve prudenzialmente essere intorno all’unità). Per le chiodature è opportuno preforare parzialmente i due tronchi da fissare, in modo da avere una salda presa senza il rischio di provocare rotture o fessurazione del legno. I montanti vanno posizionati in maniera sfalsata rispetto la piano inferiore, per permettere una corretta distribuzione dei pesi e delle spinte (struttura reticolare) a favore della stabilità. Il periodo di intervento corrisponde al riposo vegetativo.
L’effetto consolidante della struttura in legno, una volta marcita, sarà sostituito nel tempo dallo sviluppo dell’apparato radicale. In caso di impiego di legname con corteccia spessa, questa va asportata.
- A parete semplice: una sola fila orizzontale esterna di tronchi e gli elementi più corti perpendicolari al pendio sono appuntiti ed inseriti nel pendio stesso. L’altezza di questo tipo di palificata è in genere modesta (1÷1,5 m).
- A parete doppia: una fila di tronchi longitudinali sia all’esterno che all’interno. La palificata potrà essere realizzata per singoli tratti non più alti di 1,5 2 m, poiché la capacità consolidante delle piante si limita a 2-3 m di profondità.
Dimensione del legname e corretto posizionamento
- Si consiglia di utilizzare tronchi con diametro non inferiore ai 20 cm, per evitare la rottura del legno in corrispondenza delle giunture (fori e chiodature – al riguardo si veda il capitolo dedicato alle giunture), e non superiore ai 30÷35 cm, a causa delle eventuali difficoltà di maneggiamento e dei limiti di legge imposti per la movimentazione manuale dei carichi;
- per ogni strato, sia longitudinale che trasversale, occorre usare tronchi di diametro circa uguale, affinché l’opera risulti alla fine regolare. L’impiego di tronchi rastremati provoca problemi e necessità di riduzioni o inserimento di cunei; va sempre valutata l’opportunità di scartare il materiale molto rastremato o di tagliare la parte in questione;
- nel caso di legname con corteccia spessa è opportuno che il legname venga scortecciato, onde evitare che nei punti di contatto, alla perdita della corteccia per marcescenza di creino si formino delle distanze e dei punti di non contatto tra il legname;
- i correnti esterni ed interni devono essere messi in opera in modo tale da risultare sfalsati, così come sfalsati devono risultare i correnti sui diversi piani; anche i montanti dovranno essere messi in opera in modo sfalsato nei diversi piani, onde avere una ottimale distribuzione dei pesi e delle eventuali spinte;
- nella figura che segue sono illustrate due opere caratterizzate dalla medesima altezza (3,30 m), larghezza (7,50 m) ed interasse fra i tronchi longitudinali (1,50 m), ma contraddistinte da una differente disposizione di questi ultimi: quella a sinistra è definita disposizione alternata mentre l’altra disposizione continua;
- la disposizione alternata dei tronchi trasversali montanti, a parità di carichi applicati, consente all’opera deformazioni orizzontali e verticali mediamente maggiori del 35% rispetto alla disposizione continua. Data quindi la maggiore capacità di deformarsi in caso di eventuali movimenti del terreno, tale schema costruttivo è consigliabile, in tutte quelle situazioni caratterizzate da versanti poco stabili.
- l’opera va sempre conclusa con una fila di correnti onde contenere al meglio il terreno sovrastante;
- anche nel caso della palificata viva spondale con palo frontale è opportuno mettere dei montanti aggiuntivi sfalsati.
Tronchi trasversali
- Affinché l’opera possa svolgere efficacemente la propria funzione stabilizzante, è possibile che i tronchi trasversali (montanti) siano infissi nel versante. Tale operazione risulta particolarmente utile nel caso di palificate vive spondali a parete semplice o doppia;
- a lavori ultimati, i tronchi trasversali che fuoriescono dalla facciata durante la costruzione devono essere tagliati seguendo la linea di pendenza;
- nel caso in cui l’opera venga impiegata quale base per sedime stradale, l’ultima fila di montanti è opportuno che abbia una densità (distanza) tale per cui non venga superata la misura di quattro volte il diametro del palo per garantire la portata dell’opera stessa.
Verifiche di stabilita’
Valutazione della stabilità complessiva del versante
Nell’uso pratico del dimensionamento preliminare vale la seguente regola generale che deve essere verificata caso per caso:
Calcolo della spinta delle terre nel caso di opere di sostegno
Opere agente sull’opera
- il peso proprio dell’opera, di facile determinazione se sono noti il volume del manufatto ed il peso dell’unità di volume del materiale;
- la spinta attiva del terreno, che dipende dall’altezza della palificata viva di sostegno e dalle caratteristiche del terreno;
- la spinta passiva del terreno, rappresenta la resistenza (forza stabilizzante) del terreno alla pressione esercitata dal manufatto, poiché ne ostacola il ribaltamento e lo scivolamento lungo il piano di posa dell’opera stessa (in genere risulta modesta rispetto alle altre azioni sollecitanti e, a favore di sicurezza, si preferisce trascurarla nei calcoli);
- l’eventuale sovraccarico, esistente a tergo dell’opera, assunto uniformemente distribuito.
- Sollecitazioni sismiche
Per la determinazione della spinta attiva può essere adottato il metodo dell’equilibrio limite, che ipotizza che la superficie di rottura abbia in generale forma cilindrica, che su di essa si mobiliti tutta la resistenza a taglio del terreno e che per l’equilibrio del concio di spinta si considerino solo spostamenti di tipo rigido.
Sisma
La filosofia progettuale di una struttura in zona sismica contemplata dalla nuova normativa italiana (NTC), ampliando quanto previsto dall’Eurocodice 8, sceglie convenzionalmente quattro Stati Limite:
- due Stati Limite Ultimi, considerando eventi sismici con bassa probabilità di accadimento (quindi elevato periodo di ritorno): uno Stato Limite di Salvaguardia della Vita (SLV), per l’evento che ha probabilità di accadimento durante la vita di riferimento della struttura VR pari al 10% o uno Stato Limite di Collasso (SLC), con probabilità di accadimento 5%.
Per tali eventi si accetta che la struttura possa sostenere danni di grave entità, anche dal punto di vista strutturale, conservando però la capacità di sopportare i carichi verticali senza collassare. Mentre nel caso SLV alla struttura viene anche richiesta una residua capacità di resistere alle azioni orizzontali, cioè a repliche sismiche di intensità inferiore, nel caso SLC viene richiesta solo la capacità di sostenere i carichi verticali nella fase post-sismica, senza ulteriori riserve; - due Stati Limite di Esercizio, quindi eventi sismici con alta probabilità di accadimento (basso periodo di ritorno): uno Stato Limite di Danno (SLD), per l’evento che ha probabilità di accadimento durante la vita di riferimento della struttura VR pari al 63% o uno Stato Limite di Operatività (SLO), con probabilità di accadimento 81%. Nel caso SLD, pur subendo limitati danni, la struttura deve rimanere agibile dopo il sisma e ciò convenzionalmente si controlla limitando gli spostamenti relativi di piano (in certi casi, per strutture di particolare rilevanza, può essere richiesta la verifica di resistenza degli elementi), nel caso SLO la struttura deve rimanere del tutto operativa, anche in termini di impianti e apparecchiature (la verifica avviene controllando spostamenti e accelerazioni subiti dalle apparecchiature).
Nell’effettuare la verifica sismica, al calcolo della spinta statica, così come descritto in precedenza, bisogna sommare due contributi aggiuntivi di spinta (metodo Mononobe-Okabe).
Verifiche di stabilità
Nel caso di verifica di stabilità di un muro di sostegno, quindi anche di una palificata viva, in zona sismica, vengono richieste dalla Normativa Vigente (NTC) le verifiche di stabilità del muro di sostegno, quindi la verifica a scorrimento, la verifica al ribaltamento e la verifica di stabilità della fondazione, secondo le indicazioni prescritte dalla Normativa.
Gli stati limite ultimi delle opere di sostegno si riferiscono allo sviluppo di meccanismi di collasso, determinati dalla mobilitazione della resistenza del terreno ed al raggiungimento della resistenza degli elementi strutturali che compongono le opere stesse. Per ogni strato limite ultimo deve essere rispettata la seguente condizione:
Rd ≥ Ed
Rd = valore di progetto della resistenza del sistema geotecnico;
Ed = valore di progetto dell’azione o dell’effetto dell’azione
La verifica della condizione Rd ≥ Ed deve essere effettuata impiegando diverse combinazioni di gruppi di coefficienti parziali, rispettivamente definiti per le azioni (A1 e A2), per i parametri geotecnici (M1 e M2) e per le resistenze (R1, R2 e R3).
Le verifiche da effettuare nei confronti degli stati limite ultimi, di tipo geotecnico (GEO) e di equilibrio del corpo rigido (EQU), nel caso di un’opera di sostegno, sono le seguenti:
- stabilità globale del complesso opera di sostegno-terreno;
- scorrimento sul piano di posa;
- collasso per carico limite dell’insieme fondazione-terreno;
- ribaltamento.
La verifica di stabilità globale del complesso opera di sostegno-terreno deve essere effettuata secondo l’Approccio 1: Combinazione 2: (A2+M2+R2)
I valori dei coefficienti parziali sono riportati nelle tabelle sottostanti per le azioni e i parametri geotecnici.
Terre rinforzate e armate – MRE
MRE è il modulo del software Stabilità dei pendii – Slope per il dimensionamento e la verifica di TERRE RINFORZATE con: elementi metallici, geogriglie, geosintetici, gabbioni a doppia torsione e pali in legno condizioni statiche e sismiche.
Il programma consente, in modo agevole, la realizzazione dell’input tramite una serie di strumenti dedicati quali la generazione automatica della posizione dei rinforzi, quella del profilo della terra rinforzata con l’opzione di scelta da parte dell’utente di profilo a pendenza costante o a gradoni.
Nel software Stabilità dei pendii – Slope sono state implementate in MRE, le opere di ingegneria naturalistica: palificate a doppia fila.