La sistemazione dell’asta di un torrente è generalmente ottenuta diminuendone la pendenza con opere trasversali come briglie e soglie per fissare l’alveo. In particolare, le prime sono sporgenti mentre le seconde risultano fissate nell’alveo stesso (vedi Fig.1) . L’obiettivo degli interventi è quello di ridurre l’attitudine al trasporto solido di fondo e di proteggere, quando sia adottata la soluzione a briglie, le sponde.
La presenza di elevato trasporto solido in un torrente, senza che vi siano segni visibile di erosione nel letto, è indice dell’esistenza di un forte dissesto nei versanti a monte con conseguente degradazione superficiale.
Caratteristica dei torrenti in fase di trasporto è la tendenza ad interrarsi, alzando la quota del fondo. Questo fatto diventa dannoso solo in corrispondenza di manufatti (come i ponti) o nell’attraversamento dei centri abitati, e si fa sentire particolarmente nel conoide di deiezione ed alla confluenza con il corso d’acqua principale.
Gli interventi da effettuare in questi torrenti consistono in opere localizzate, la cui funzione è quella di ridurre il trasporto solido verso valle, trattenendo il materiale trasportato dalla corrente. Le opere consistono in briglie di trattenuta lungo il torrente e in piazze di deposito, per lo più localizzate nel tratto terminale prima della confluenza.
Fig.1- Tipologia di opere trasversali: briglie, soglie.
STRUTTURA DELLA BRIGLIA
L’inserimento di un’opera trasversale nella sezione di un corso d’acqua determina, di fatto, uno sbarramento che non può essere realizzato con un muro avente coronamneto orizzontale tutto alla stessa quota (Fig 2a).
Questa scelta porterebbe a contatto la corrente effluente con le sponde del corso d’acqua provocando fenomeni di erosione proprio nella zona di ammorsamento.
Per ovviare a questo inconveniente la briglia presenta una luce di efflusso, quasi sempre nella parte centrale denominata gàveta. Le parti del muro poste a fianco della gàveta sono denominate ali della briglia (fig. 2b).
La gàveta, orizzontale o leggermente concava, si chiude sulle ali con due raccordi generalmente a 45°, mentre il bordo superiore delle ali è inclinato verso il centro di circa il 10%.
Come specificato in precedenza, la funzione della gàveta è quella di mantenere concentrato il deflusso di piena nella parte centrale del torrente, evitando che la corrente di piena possa produrre, a monte del manufatto, per erosione delle sponde, l’aggiramento delle ali: con l’ulteriore obiettivo di tenere il getto stramazzante dalla gàveta contenuto nell’alveo di valle, eventualmente allargato, ancora impedendo l’erosione delle sponde nelle quali sono immorsate le ali.
Fig.2- Parti di una briglia.
E’ importante che le ali si ammorsino alla stessa quota, onde evitare che, nel caso di piene eccezionali che producono il sormonto delle stesse, la corrente trovi una via preferenziale, concentrandosi dalla parte dell’ala più bassa ove l’erosione più accentuata potrebbe provocarne lo scalzamento e quindi la distruzione della briglia. In caso quindi di gàveta non simmetrica la pendenza delle ali può variare ed essere differente a destra e a sinistra. La gàveta deve essere dimensionata per consentire il passaggio della portata di progetto, senza essere sormontata.
E’ buona cosa inoltre che il passaggio attraverso la gàveta concentri la corrente verso il centro del torrente, lontano dalle sponde, che potrebbero più facilmente essere erose.
Nel caso che a valle siano presenti affioramenti rocciosi particolarmente resistenti è però conveniente costruire la gàveta in modo di dirigere il getto dell’acqua in caduta sulla zona più protetta e più resistente, anche se questo comporta lo spostamento della gàveta verso una sponda.
Il bordo superiore della gàveta è leggermente sporgente rispetto al muro d’elevazione per poter allontanare dal paramento di valle e dal blocco di fondazione la zona d’impatto della lama stramazzante, evitando così gli urti del materiale solido trasportato e le azioni distruttive sul blocco stesso. Si ammettono inclinazioni dell’ordine del 10%.
Allo scopo di ripartire sul terreno gli sforzi trasmessi dall’opera, le briglie presentano degli ammorsamenti laterali, denominati intestature e una fondazione di base che ha lo scopo di ripartire sul terreno gli sforzi trasmessi dall’opera. In presenza di terreni rocciosi o di buone caratteristiche meccaniche le intestature possono essere limitate a 50-60 cm mentre in tutti gli altri casi si preferisce adottare valori oscillanti tra i 2 e 2.5 m.
Le fondamenta delle briglie, specie nella parte centrale, devono essere profonde a sufficienza perché non abbiano a soffrire a causa dello scavo che il getto può produrre nella zona d’impatto.
L’approfondimento del blocco di fondazione verso monte con un piccolo taglione in calcestruzzo o dente di ancoraggio è spesso adottato per migliorare la condizione di stabilità allo scorrimento.
Il corpo murario delle briglie è attraversato in un discreto numero di punti con fori di drenaggio, la cui funzione è quella di ridurre la spinta prodotta dall’acqua.
Il diametro dei dreni deve essere dell’ordine del d90 del materiale d’alveo. La distribuzione dei fori, a quinconce con interasse su una stessa fila non maggiore di circa 1.50 m, deve essere più fitta nella parte bassa della briglia per il maggior carico che vi insiste e per la maggior efficacia che la disposizione ha nei riguardi delle sottopressioni.
A valle delle briglie è generalmente realizzata una vasca di dissipazione (Vedi Fig 3) delimitata verso valle da una controbriglia che ha le stesse caratteristiche geometriche della briglia stessa ad eccezione dell’altezza fuori terra che è molto più contenuta. L’obiettivo è determinare, tra la briglia e la controbriglia, la formazione di un cuscino d’acqua, sul quale impatta la vena affluente, che protegge il il tratto del fondo alveo compreso tra i due manufatti.
A monte della briglia si realizzano i cosiddetti muri d’accompagno che hanno lo scopo di guidare l’acqua verso la zona centrale del manufatto. A valle della briglia si realizzano i muri d’ala, con coronamento di quota decrescente dalla sommità della briglia a quella della controbriglia, la loro funzione è quella di impedire il contatto della vena liquida con le sponde dell’alveo.
Fig.3- Pianta di una briglia in cls e manufatti accessori
La figura 4 rappresenta la sezione in mezzeria d’una briglia classica: su un lato di fondazione a sezione rettangolare s’ eleva il muro a sezione trapezia. La struttura viene tracimata in sommità da una lama defluente in parete grossa. A valle il deflusso avviene con altezza hv.
Fig.4- Sezione trasversale e longitudinale di una briglia classica
Se L rappresenta la distanza misurata in direzione orizzontale e ΔH il dislivello complessivo.
Il numero di briglie ciascuna di altezza fuori terra H da utilizzare per colmare il dislivello ΔH, in maniera da raggiungere la pendenza di sistemazione ie a partire da quella attuale ia si ricava da considerazioni geometriche.
Fig.5- Sistemazione con briglie di un tratto di corrente
Dalla figura 5 si ricava che:
ΔH=(ia-ie)·L
ovvero
n=ΔH/H
CALCOLO DELLA PENDENZA DI COMPENSAZIONE
La pendenza di progetto può essere determinata se sono noti il valore della portata Q e il diametro del materiale d a cui fare riferimento.
Esistono diversi metodi di calcolo, di seguito si tratteranno quello proposto da Chezy, da Shields e una relazione empirica. Quest’ultima relazione viene applicata nel software GDW di Geostru.
Gabbioni e briglie – GDW è il software che effettua analisi di muri in gabbioni, briglie in calcestruzzo semplice e di briglie in GABBIONI in condizione statiche e sismiche. Le verifiche di sicurezza sono eseguite per combinazioni di carico definite dall’utente secondo le direttive imposte dalle nuove normative. L’analisi di stabilità globale viene eseguita con GSA (Global Stability Analysis)
Chèzy
Un primo metodo si fonda sulla relazione di Chèzy (o altre analoghe) e sulla velocità critica che determina il movimento del granulo di diametro d:
u=C⋅(RH ⋅i)^0.5 e ucr= c⋅d^0.5
in cui:
• RH è raggio idraulico della sezione del torrente;
• C e c sono rispettivamente due coefficienti che dipendono dalla scabrezza dell’alveo.
Dato che ucr è proporzionale a u si ha:
c⋅d^0.5 ∝ C⋅(RH ⋅i)^0.5 ⇒ i ∝ (c/C)^2⋅(d/RH)
Da cui la relazione finale:
i = k⋅(d/RH)
Il coefficiente k assume diversi valori e può dedursi da osservazioni su tratti sufficientemente stabilizzati, assegnando a d la dimensione media del materiale più grossolano.
Shields
Un secondo procedimento, meno empirico, è quello che utilizza l’equazione relativa al terzo tratto della curva di Shields (per d<<h con h tirante idrico):
ϑcr = τcr/(ρ⋅g⋅∆d) = τcr/(γs-γ)⋅d ≅ 0.027
e la formula di Chèzy:
Q=A⋅Ks⋅RH^(1/6)⋅(RH⋅i)^0.5 (1)
Dove il coefficiente kS , è dal punto di vista dimensionale m^(1/3)/s , ed è pari a:
KS=26/(d90)^(1/6)
con d90 (in metri) la dimensione della maglia del setaccio che dovrebbe lasciar passare il 90% in peso del materiale che costituisce il fondo.
Essendo
τ=γ⋅RH⋅i, l’equazione del moto uniforme può scriversi come:
u=kS⋅RH^(2/3)⋅(τ/γ⋅RH)^0.5
oppure
Q=kS⋅RH^(7/6)⋅P⋅(τ/γ)^0.5
con P perimetro bagnato. Il valore del raggio idraulico proprio della corrente che fa defluire la portata Q a moto uniforme è allora pari a:
RH= Q/(kS⋅P⋅(τ/γ)^(6/7))
Fissato il valore del diametro critico dcr che condiziona la sistemazione, posto τcr=0.057⋅(γS −γ)⋅dcr si ha:
RH=Q/(kS⋅P⋅(0.057⋅(γS −γ)⋅dcr)^0.5)^(6/7) (2)
Infine ponendo τ=τcr (condizione di equilibrio limite) si ottiene il valore della pendenza di compensazione o pendenza di progetto del torrente dalla seguente relazione:
ic=τcr/(γ⋅RH) (3)
Fissando, come riferimento, un dcr < d90 , il passo successivo è quello di calcolare il valore di RH attraverso la (2), quindi il valore della portata Q relativa al valore P di tentativo attraverso l’equazione (1) e confrontare quest’ultimo con il valore reale della portata di progetto. Se si ottiene un valore diverso si procede al calcolo del nuovo P e si procede in modo analogo fino ad ottenere un nuovo valore di portata pari a quella di progetto.
A questo punto si determina il valore definito di P che consente di calcolare il valore di RH attraverso la (2) e quindi il valore della pendenza di progetto tramite la (3).
Relazione empirica
Il terzo metodo per il calcolo della pendenza di progetto consiste nell’utilizzare la seguente relazione empirica:
ic=1/(3+((1-1.5⋅if)/(if+if^3))⋅(dmax/dc)^2⋅(l/lc)^2
in cui:
• if = la pendenza originale dell’alveo;
• dmax = la dimensione massima dei sassi trasportati;
• dc = diametro critico;
• l= lunghezza dell’alveo prima della sistemazione;
• lc = lunghezza dell’alveo dopo la sistemazione.
DIMENSIONAMENTO IDRAULICO DELLA GAVETA
Il coronamneto della briglia non si trova tutto alla stessa quota, la gaveta a quota inferiore, rispetto alle ali del manufatto, allo scopo di allontanare la corrente dalle sponde, indirizzarla verso la zona centrale dell’alveo per evitare fenomeni di erosione spondale.
La gaveta ha generalmente forma trapezia con scivoli inclinati a 45°, il funzionamento idraulico della gaveta è quello di uno stramazzo a soglai larga e pertanto in una sezione trasversale della gaveta, di cui non è nota a priori la posizione, si stabilisce l’altezza di stato critico k. La scala delle portate di stato critico si ottiene dalla seguente relazione:
Q=g^0.5⋅((Ls⋅k+s⋅k^2)^(3/2)/(Ls+2⋅s⋅k)^0.5)
Dove:
• Ls = larghezza al fondo
• s = la scarpa della sezione trapezia
• Q = portata
Si fissano i valori di Ls ed s, assegnando dei valori a k si ricava dall’espressione precedente il valore Q. Dopo aver costruito la scala delle portate di stato critico è possibile determinare il valore di kp (altezza di stato critico di progetto) dalla portata di progetto (Qp).
L’altezza della gaveta si ottiene dalla relaione:
hs=ek+f=kp+(Q^2/(2g⋅(Ls⋅kp+s⋅kp^2)^2)+f
dove ek rappresenta il carico totale.
Dimensionamento idraulico gàveta è l’app che fornito un valore di portata di progetto e assegnate alcune caratteristiche geometriche quali larghezza, franco di sicurezza e pendenza degli scivoli, consente di calcolare l’altezza della gàveta sfruttando la legge che governa il deflusso di uno stramazzo a soglia larga.
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