Intervista a Egidio Grasso, presidente dell’Ordine dei Geologi della Campania che commenta la tragedia delle Marche, dove in poche ore sono caduti 420 millimetri di pioggia, circa la metà di quanto piovuto in tutto il 2021, e il fiume Misa è straripante a Senigallia: alle 22 aveva un’altezza di 21 centimetri e alle 23.45 misurava 5 metri e mezzo.
Il presidente dei Geologi Campani: in caso di allerta bisogna evitare l’uso dell’auto o passare sui ponti
La tragedia era prevedibile?
«Sicuramente c’è stata una portata di pioggia consistente, ma attribuire quanto accaduto tutto alle variazioni climatiche trovo sia eccessivo, voglio chiarirlo subito perché è la prima cosa che sento dire dopo fenomeni piovosi simili e questo limita molto la comprensione. In questo caso così come per tutti gli altri, bisognerebbe verificare bene le responsabilità dell’uomo sulla gestione del territorio per capire se fosse o no un evento prevedibile. Faccio un esempio: ho visto le immagini di un antico ponte con le arcate e una campata molto ampia, e poco prima uno nuovo e più piccolo con le campate più strette che è crollato. Il nuovo ponte ha ristretto l’alveo, e con una portata d’acqua improvvisamente molto elevata, ha ostruito il deflusso. È solo un esempio ma in questo caso a creare il disastro è stato prima di tutto l’uomo. Ed è possibile che ci possono essere state anche altre responsabilità».
Quali?
«In genere» continua l’intervista «lo straripamento di un corso d’acqua avviene dove l’alveo viene ristretto oppure l’alveo era originariamente largo, calcolato e dimensionato bene, ma accumulo di materiale ne ha ristretto la luce. È come imbuto: l’acqua deve essere pari a quelle che esce. Se stringo il fondo dell’imbuto o blocco il foro, l’acqua fuoriesce a fatica a fino a fuoriuscire alla cima. Come è successo a Monteforte Irpino poco più di un mese fa: il tombino era stretto rispetto ai quantitativi di acqua che arrivarono. Poi certo vanno verificati anche altri motivi: se era ostruito, se mancava la manutenzione, se era arrivato più materiale ostruente del previsto, cosa che per esempio avviene dopo gli incendi dove c’è un apporto di rami incombusti e la cenere aumenta la densità del flusso, così come la mancanza di precipitazioni per un lungo periodo accentua la velocità del deflusso. Insomma una serie di situazioni tutte a svantaggio della sicurezza del cittadino che vanno valutati»
Quindi basta un tombino ostruito per creare un’alluvione o una colata di fango?
«Esatto, naturalmente associato a una quantità di pioggia piuttosto elevata he negli ultimi anni è diventato fenomeno comune. Il discorso importante da fare però, è un monitoraggio del territorio, verificando se su quell’area questo tipo di fenomeni alluvionali è frequente. Nel caso di Monteforte Irpino la cartografia dell’Autorità di bacino mostrava il pericolo di fenomeni franosi. Resta però il problema di un aggiornamento delle carte a livello nazionale».
Se invece la cartografia non mostra che quel paesino, per esempio, è stato insediato su un vecchio alveo fluviale, quali componenti andrebbero considerate per valutarne il rischio?
«Bisognerebbe verificare prima di tutto se i parametri utilizzati in passato per il dimensionamento della rete scolante e delle fognature sono ancora validi.
Perché quando si calcolano strutture di queste tipo si fa la stima della massima piovosità attesa considerando fino a valori di cento o più anni. Gli enti locali, lì dove c’è una fragilità ambientale e idrogeologica, dovrebbe quindi verificare questi valore per tutte le opere, e se il parametro salta, va rivisto tutto. Certo, non possiamo cambiare le infrastrutture di punto in bianco, ma se la massima piovosità attesa è un valore totalmente differente, sappiamo in caso di allerta meteo che alcune zone vanno messe in sicurezza e la popolazione avvisata. Iniziamo con il conoscere meglio le nuove zone alluvionabili, insomma.
Arrivano anche fondi per adeguare alcune infrastrutture ma non c’è programmazione, cosa che andrebbe fatta prima di cambiare manufatto».
Conoscere queste aree più a rischio, quanto è utile per la sicurezza dei cittadini?
L’intervista si conclude con un invito: «È essenziale ma manche ahimè la cultura. I primi a dover capire di non mettersi in auto e attraversare un ponte con un’allerta meteo, per esempio, sono i cittadini. Come Ordine nazionale abbiamo creato l’app GeoRisk, che consente a tutti di verificare il rischio idrogeologico nell’area in ci troviamo. A cosa serve? A sensibilizzare le persone, aumentando la consapevolezza del rischio. Tutti devono fare la propria parte, non può esserci mitigazione senza conoscenza. E dopo due anni per la pandemia torneremo nelle scuole, per educare sui rischi geologici i cittadini di domani»
Intervista tratta dalla rassegna stampa di Sabato 17 Settembre 2022 “Il Mattino“
GeoRisk – Verificare il rischio della propria posizione
Nell’intervista si fa cenno all’applicazione fortemente voluta dall’Ordine dei Geologi della Campania e realizzata da Geostru e geologi.it, l’APP per dispositivi mobili consente di verificare il rischio della propria posizione semplicemente utilizzando il posizionamento GPS dello smartphone e si può anche accertare il pericolo di una qualsiasi abitazione inserendo città, via e numero civico; l’App è già disponibile nel Play Store di Google e una versione web potenziata.
«Per aumentare la consapevolezza del rischio – spiega il presidente dell’Ordine dei Geologi della Campania, Egidio Grasso nel corso di un’intervista – abbiamo pensato di promuovere la realizzazione di un App che, con poche operazioni, riesce a visualizzare le aree a rischio idrogeologico in tutto il territorio nazionale.